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giovedì 26 maggio 2022

s-formazione

Sono nota per essere frivola, superficiale, rimbambita e stramba. E' una cosa che fa simpatia, ma non quando scavalli i 30 e stai per dare alla luce un bambino.

Conoscendomi bene, però, ho deciso che questa cosa della maternità non la potevo prendere sottogamba. Mi sono quindi iscritta a tre diversi corsi preparto, ancora quando il botolo era delle dimensioni di un dattero. 

Il primo di questi corsi si tiene nel cortile della biblioteca ed è condotto da una rinomatissima ostetrica di Verona che collabora con il comune da decine di anni, lavora con la più rinomata boutique delle madri, dove ogni servizio pre e post natale costa come uno dei miei malandati reni e vanta un codazzo di mamme in fibrillazione.  

Tutto idilliaco!

Sennonché...

La biblioteca si trova in una depressa località rurale veronese, nei pressi del mio grigio ufficio metalmeccanico.

Il cortile della biblioteca è popolato da una quantità abominevole di abominevoli zanzare e moscerini. C'è da dire che, da quando ho saputo dell'esistenza del botolo, ho azzerato qualsiasi agente chimico sulla mia pelle. Niente più smalti, oli essenziali, tinte, creme o pomate. Figurarsi se mi spalmo di Vape che già odiavo da sana (mi piace un sacco definirmi sana per indicare il periodo prima della gravidanza). Le lezioni, che si tengono al tramonto, sono quindi caratterizzate da una costante bestemmia interiore e da numerosi schiaffetti che le sensibili future mamme si danno su avambracci, colli e gambe inflaccidite. 

La rinomatissima ostetrica si presenta con l'espressione della Signorina Rottermaier, brizzolata, severa, con una bocca piccola dagli angoli discendenti, piccoli denti aguzzi, piccoli occhi penetranti dietro una montatura rosso sangue. Si trascina dietro una bambola che tiene per un piede e che usa come pungiball, senza troppo curarsi della sensibilità delle future mamme. 

Il corso viene condotto in dialetto e, pochi minuti dopo, la rinomatissima ostetrica dimostra una totale assenza di loquela. Ripete gli stessi concetti per almeno cinque volte, dando sfogo a sempre più alti virtuosismi di analfabetismo. Le frasi durano per dei momenti interminabili e sono popolate da intercalari e parassiti verbali sotto forma di muggiti e altre locuzioni di dubbia provenienza.

Vista la noia dell'esposizione, passo il tempo ad osservare i compagni: le mamme hanno tutte la stessa espressione di commossa preoccupazione. Alcune, ogni tanto, escono una lacrima a cazzo. Altre volte annuiscono per dimostrare che sono sul pezzo. Spesso, quando si parla del ruolo del padre, danno degli amorevoli scappellotti ai mariti, indicando l'ostetrica con il ditino come per dire "ascolta bene, asino!". 

I concetti più scontati, come "non lasciare il bambino incustodito sul fasciatoio", scatenano una tempesta ormonale di massa. 

Il gruppo delle sensibili future mamme si compone di signore autoctone che si trascinano dietro i propri mariti dalle espressioni assenti. Le mamme si dispongono sulle sedie, mentre i papà vengono accomodati per terra, su dei teli. L'immagine è straziante. Soprattutto, quando le mamme accarezzano le teste ai papà: viene da fondare un MeToo degli uomini. E' anche vero che i papà non sembrano molto a disagio in questa posizione; c'è anzi una sacra rassegnazione ed assenza di volontà che sfiora il buddismo. Se le mamme all'ultimo mese di gravidanza hanno tutti i diritti di essere brutte, gonfie e sudate, non capisco perché anche i padri si presentino in queste condizioni asessuate e sboldre. L'unica funzione vitale, oltre agli schiaffetti anti-zanzara, consiste nel grattarsi le piante dei piedi, evidentemente stanchi dopo una calda giornata.

Il tutto mi diverte un sacco, ma mi mette anche una grande tristezza.

Il posto, le persone, i discorsi, i gesti, le mimiche mi demoralizzano, mi devastano l'entusiasmo e mi fanno venire paura di essere o diventare così.

Non voglio essere così.

Non voglio arrivare al punto di essere affascinata da persone ignoranti. 

Non voglio avere paura della mia ombra.

Non voglio fare della mia maternità una tragica missione. 

Non voglio.





lunedì 22 febbraio 2016

zoofilia

"più conosco gli uomini e più amo il mio cane"
io più conosco gli uomini e più amo il ragazzo.
con questo non vorrei paragonare il mio ragazzo ad un cane, anche perché un cane (anche della peggior specie killer) lo si può addomesticare/ammaestrare/ammorbidire, mentre il mio compagno di giochi è peggio di una squadra di capricorni in preciclo. 
Però qua mi guardo un po' intorno. Intanto vedo che delle persone non ho capito un cazzo e sono banalissimamente circondata da una falsità totalizzante e lui è l'unico che trasmette qualcosa che va oltre la massa.
In questi giorni sono circondata da matrimonianti, da gente che parla di matrimoni, gente che si sposa, gente che vuole sposarsi. L'ISTAT è molto scettico. E' sicuramente vero che la statistica è una scienza a dir poco approssimativa, ma ci sarà un motivo per cui "nove coppie su dieci non si riformerebbero dopo dieci anni (cioè solo una coppia si risposerebbe)"...
Leggendo qua e là le varie riflessioni sul tema, uno dei punti principali è che quando sei innamorato non capisci un cazzo della persona che hai accanto, dopo però l'innamoramento passa e ti rendi conto che quello che tu avevi in mente in realtà corrisponde solo vagamente a quello che ti ritrovi nel letto ogni notte.
Io credo di essere innamorata. Sicuramente meno di una volta, ma anche di più. Nel senso che nel momento in cui ho capito che la persona con cui ho a che fare non è esattamente quello che mi ero immaginata mentre mi sgrillettavo, ho capito anche che quest'altra persona è esattamente quello con cui vorrei andare a dormire tutte le sere, anche quando sono arrabbiata. Forse fra qualche anno non sarà più così. Il fatto è che, questi che la spiegano scientificamente sui motivi del fallimento matrimoniale, dicono anche che quando si è innamorati si tende a trascurare gli ostacoli pratici e di pensarsi invincibili... si tende a non vedere i problemi e illudersi di essere più forti della merda che si ha intorno e (soprattutto)  dentro. Io, ad esempio, i problemi logistico-organizzativi li vedevo in una luce splendente all'inizio. Sembrava tutto facile e anzi, non vedevo l'ora di superarli. Invece adesso mi sembrano praticamente insuperabili, forse perché sono da sola a voler combattere contro i mulini a vento. Il passo successivo è arrivato nel momento in cui mi sono rassegnata alla condizione e comincio quanto meno a provare ad imparare a vivere alla giornata, senza pensare al futuro.
Quando ho visto lei che è esplosa a piangere nel momento in cui è stato dato l'ufficiale annuncio del suo matrimonio ho pensato che io probabilmente non sarò mai così innamorata. Poi però penso che non è la forza dell'innamoramento, è che io non ho mai avuto la fissazione del matrimonio. Non so cosa potrebbe rendermi così perdutamente felice, forse solo la consapevolezza di avere un piccolo orsetto ciccione e goffo che si succhia il ditino dentro la mia pancia. 
Il fatto è che non so perché ma, continuo a parlarne. Poi mi sento una merda, il mio orgoglio ne soffre tantissimo. Non posso mendicare l'amore e le promesse, il mio intestino ne soffre e mi sveglio con spalle tese e amaro nel cuore. 
Comunque, portando la riflessione al di là del matrimonio come atto legale, superando il problema della separazione, divorzio, comunione dei beni e patria potestà... ci sarà un modo per tenere insieme una famiglia senza dover mangiare merda quotidianamente?