Non ho voluto nulla di quello che mi sta succedendo.
Perdo il centro continuamente. Mi arrabbio con me stessa, con il mondo, il fato, l'universo, ma principalmente con me stessa: perché il male che si vuole non duole, mentre a me duole da morire.
Mi arrabbio, perché la vita sembra intenzionata a rovesciare i miei sogni e farmeli vivere in forma di incubi.
Davvero, la mia vita sembra una barzelletta che non fa ridere.
Ma poi ritrovo il centro, guardo il cielo, le foglie, respiro e sento il mio piccolo centro che, in queste settimane, ha imparato a sbadigliare. Ho un piccolo centro nella pancia che se la sbadiglia, mentre io battaglio contro me stessa. Mi esplode il cuore al pensiero che ha le ciglia, fa le smorfie, dorme o agita le braccia e io sono la sua casa. La sua casa incasinata, arrabbiata, ancora molto adolescente, la sua casa triste, la sua casa abbandonata...
e allora mangio un kiwi e mi abbraccio da sola. Occupo uno spazio piccolissimo nel mondo, ma in questo spazio piccolissimo siamo in due e io sono la casa di uno che non ha chiesto di esistere e io non ho chiesto di essere una casa, ma eccoci qua: siamo io e il mio cosino sbadigliante e nessun altro al mondo. E' un centro devastato, ma è il mio centro e, a questo punto, è l'unica casa che mi è rimasta.
La mia casa è un bambino di cui io sono la casa.