Io sono
pelosa. È una cosa di cui mi vergogno da quando ho 3 anni, perché prima
evidentemente non mi rendevo conto di essere ricoperta da un morbido strato di
pelo, o v u n q u e. Forse sarei andata avanti a non rendermene conto, ma,
oltre ad avere la fortuna di portarmi addosso visibili segni della mia
provenienza etnica, ho anche avuto quella di avere un fratello maggiore
spudoratamente biondo e liscio in ogni sua parte. Questo mio fratello mi
proibiva di avvicinarmi a lui in cortile d’estate perché si vergognava di
essere così liscio e biondo rispetto a me che sembravo un piccolo e morbido
roditore guanciuto. I miei compagni di classe mi prendevano in giro perché avevo
i baffi più virili di loro. Una volta ricordo che mi ero messa a piangere per
questo, avrò avuto 12-13 anni ed ero il terrore della scuola. Sapevo prendere
in giro con pungente ironia e noncuranza chiunque, per qualsiasi cosa. Sguazzavo
nella mia posizione di cinico giullare autoironico. Autoironico su tutto tranne
sulla mia lana, probabilmente perché era una cosa di cui mi vergognavo davvero.
Sapevo prendermi in giro per qualsiasi cosa tranne questa e poi boooommm. Qualcuno
ha notato il folto vivaio sotto il mio naso. Era una delle due volte nella mia
carriera scolastica in cui ho pianto in pubblico. Ricordo anche che la
professoressa di storia ha insistito finché una delle mie amiche non le ha
confidato il motivo dei miei occhi rossi. Poi la professoressa ha costretto i
due personaggi a scusarsi con me in privato. È un episodio che ricordiamo
sempre nelle nostre rimpatriate ubriache. Era un avvenimento storico: la m che
dimostra di essere fragile… sì, una volta avevo dei gran coglioni, ma poi mi
sono caduti.
Continuavo a
scassare la minchia a mia madre affinché mi lasciasse intervenire su questo
disastro, ma lei si rifiutava, perché, ingenua illusa, sperava che crescendo il
mio corpo si sarebbe accorto che sono una cucciola d’uomo e non di uno yeti ed
i peli sarebbero caduti improvvisamente ed autonomamente.
Non accadde.
Poi una sera
eravamo andate a trovare degli amici e tornate a casa, di sua spontanea
volontà, mi ha proposto di strapparmi un po’ di carne viva con la cera. Ho quasi
la certezza che sia stata la sua amica a suggerirle la mossa, fosse per lei
sarebbe ancora illusa del fatto che un giorno crescerò ed i peli cadranno
miracolosamente (ora non aspetta più la caduta dei peli, ma ha ancora delle
ingenue speranze sul fatto che io possa in qualche modo crescere).
E fu lì, all’età
di circa 13 anni, che iniziò la mia lotta contro i peli superflui. Ci sono
stati anni di ceretta casalinga con cui puntualmente mi scottavo la faccia e
poi andavo in giro con due orribili croste al posto dei baffi. Nella mia mente
credevo che continuando a scottarmi, un giorno la pelle avrebbe smesso di
produrre la lana. Non accadde.
Poi ci fu un
periodo di decolorazione del pelo. Mi tingevo le basette, la barba e i baffi di
quello che doveva rendere la lana invisibile e come risultato ottenevo un
effetto molto punk: capelli scuri e barba di un giallo paglierino.
A 18 anni ho
intrapreso un lungo e dolorosissimo ciclo di depilazione con l’ago elettrico. Per
chi ha la fortuna di non doverlo sapere: è un sottile ago che viene infilato in
ogni bulbo pilifero, viene fatta passare la corrente elettrica per uccidere il
bulbo e poi per almeno 3 settimane si ha una bomba atomica esplosa in faccia. Finito
quel dolorosissimo ciclo mi sono liberata per la maggior parte delle basette e
di una buona percentuale di baffo. Rimaneva il pizzetto, il collo e qualche
spavaldo quanto inaspettato pelo qua e là.
Dai 19 ai 22
anni sono tornata alla buona vecchia ceretta, con conseguenti scottature in
viso e rovina dell’effetto dell’ago elettrico, facendo ricrescere parecchia
della flora sterminata dalla corrente elettrica.
Dai 23 ai 28
anni mi sono lanciata sulla luce pulsata che pareva promettere miracoli senza
infliggere dolore e senza irritare la pelle. Il miracolo non accadde. I motivi
per cui ero andata avanti erano: 1. L’ago elettrico costava di più e
praticamente nessuno lo faceva 2. Era molto meno doloroso 3. Non avevi la
distruzione nucleare in faccia per le 3 settimane successive.
All’alba dei
29 anni mi sono rotta il cazzo di buttare via soldi senza avere risultati e
sono tornata all’ago elettrico: tortura ancora eseguita da un’unica estetista
di Verona. Una certa sig.ra C di un’età indefinita tra i 70 e i 90 anni, la
quale promette che entro l’estate risolveremo la questione.
Ora. La cosa
più buffa in tutto questo è che ieri, mentre tornavo a casa con la faccia ed il
portafoglio in fiamme, mi sono domandata: e se fra qualche mese, per effetto
collaterale di una qualche altra possibile cura, mi dovessero cadere tutti i
peli e i capelli? È una possibilità non troppo remota. Cosa ne penserò? Aver lottato
contro un fenomeno naturale, una natura selvaggia che si impossessava della mia
pelle, per poi vincere in modo così triste. Ho pensato che potrei chiamare mia
madre e dirle che il miracolo è accaduto: i peli sono andati via, sono
cresciuta! Ma ci ho ripensato, sarebbe troppo crudele.
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