Ho deciso di iniziare questo diario per te, ma soprattutto
per me. Perché ho la sensazione di essere invisibile, ho il terrore che domani
mi sveglierò e tu avrai vent’anni e tutti questi piccoli momenti belli, brutti,
difficili, disperati e tenerissimi verranno persi nell’oblio. Non so se ho una malattia
degenerativa o se è normale essere così smarriti. Mi dimentico tutto, dalle
cose vecchie alle cose nuove, non padroneggio più il linguaggio e quando parlo
sembro affetta da una qualche sindrome rincoglionente o forse, più
semplicemente, sembro un’analfabeta.
Non ho più il tempo per leggere.
Non più il tempo per pensare a cose belle, edificanti,
sviluppanti.
Tutti i miei pensieri si aggirano continuamente intorno alle
cose da fare, pulire, lavare, cambiare, riordinare, cucinare e, nelle pause,
litigo mentalmente con tuo padre.
Ho deciso quindi di iniziare questo diario e spero di avere
sufficiente costanza. Spero che tu inizi a dormire per più di trenta minuti
alla volta e spero di imparare a sbattermene del porcile in cui viviamo.
Ho scritto diari per anni, diari scritti in teneri
quadernetti, diari scritti in quaderni più adulti, diari scritti su un floppy
disk che ormai nessuno potrà rileggere, diari scritti sul web, diari scritti su
word e poi dimenticati nei meandri degli incasinati terabyte di hard disk che
non funzionano più.
Considerando che non voglio prendere la Sertralina che mi
hanno prescritto per calmare un po’ il sistema nervoso, che non voglio bere più
di un bicchiere di vino al giorno, perché ti starei ancora allattando e mi
sembra disonesto iniziarti all’alcolismo all’età di sette mesi, considerando
che i cannabinoidi sono diventati per me fonte di orribili paranoie e trip
bruttissimi (roba che con quattro tiri di spinello, inizio a svalvolare e
partire per spirali di infantili paure e insensate paranoie paralizzanti), mi è
venuto in mente che, da giovane, la scrittura era l’unica cosa che mi salvava
dalla solitudine, dalla sensazione di non esistere, dalle paure, malinconie,
tristezze. Nonostante abbia appurato da tempo di non avere talento nella
scrittura, nonostante abbia abbandonato da tempo il sogno di diventare
scrittrice, critica letteraria o traduttrice letteraria, nonostante il mio
vocabolario si sia ristretto per mancanza di stimoli, nonostante il mio senso
dell’umorismo e cinismo abbiano perso parecchio smalto, trovo ancora nella
scrittura uno dei modi migliori per tranquillizzarmi e tornare a me stessa.
Eccomi dunque mio piccolo botolo, ti uso come destinatario
non senziente delle mie righe.
La giornata è iniziata intorno alle 5. Tu dormivi accanto
con indosso questo pigiamino con gli alci che ti hanno passato le cuginette
francesi e che ti va già piccolo, ma viste le ristrettezze cerco di prolungare
la vita utile di ogni oggetto. Mi sono resa conto stanotte che era decisamente
ora di tagliarti le unghie dei piedi, perché mi hai graffiato la pancia tutta la
notte. Ti agiti come un forsennato mentre dormi. O meglio, passi da momenti in
cui agiti gambe, braccia e testa a momenti in cui ti adagi e dormi come un
piccolo animaletto guanciuto.
Ecco che ti sei svegliato…
Finisco per il momento.
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