La Georgia è: vino e spiedo, eloquenza ed ospitalità.
Desideri capire una persona? Mettiti a tavola con questa. Siamo andati a
Tbilisi, ci siamo seduti a tavola con il tamada ed abbiamo accertato che i
georgiani conoscono un modo per fermare il tempo ed allungare sensibilmente la
vita.
Foto: Razhden
Gamezardashvili
Il convivio georgiano è un rituale mistico, nato nell'amore. La parola chiave qua è proprio “l’amore”. La natura trasuda amore, l'aria è impregnata d’amore, lo spazio è carico d’amore. Si percepisce l’amore in ogni brindisi pronunciato durante il convivio. Nel modo in cui il tamada Luarsab Togonidze muove delicatamente il bicchiere tra le mani prima di fare un sorso. Nel modo in cui guarda la moglie Nino, la quale gli ha regalato cinque figli.
Il convivio georgiano è un rituale mistico, nato nell'amore. La parola chiave qua è proprio “l’amore”. La natura trasuda amore, l'aria è impregnata d’amore, lo spazio è carico d’amore. Si percepisce l’amore in ogni brindisi pronunciato durante il convivio. Nel modo in cui il tamada Luarsab Togonidze muove delicatamente il bicchiere tra le mani prima di fare un sorso. Nel modo in cui guarda la moglie Nino, la quale gli ha regalato cinque figli.
Il tamada Luarsab Togonidze soppesa ogni parola. A proposito, il brindisi al tamada, fatto durante il convivio, si considera l’ultimo. Successivamente tutti se ne vanno o scelgono un nuovo tamada.
Luarsab è un montanaro barbuto e possente, sui due metri. Sua moglie Nino è una mora minuta. “Ho incontrato Nino nel 1997. Naturalmente durante un convivio al matrimonio di un amico in comune”.
A Tbilisi, Luarsab è un personaggio leggendario. E non solo grazie ai brindisi… in realtà non esiste la professione del “tamada”. Il convivio celebrativo viene condotto per vocazione o su richiesta degli organizzatori. Ovviamente a titolo gratuito. L’attività principale di Togonidze è confezionamento e commercio di costumi nazionali, con i modelli restaurati in base alle esposizioni dei musei e vecchie fotografie. Inoltre, Luarsab interpreta splendidamente le litanie ecclesiastiche ed è proprietario di diversi ristoranti. Ha quindi sufficiente conoscenza ed esperienza da condividere con il prossimo. Naturalmente, a tavola.
A detta di Luarsab, nell'atmosfera del convivio è presente una magia invisibile, creata dal buon vino e dalla buona compagnia, che permette all'uomo di aprire il cuore. Tra le persone riunite deve regnare amore e amicizia, altrimenti la festa è impossibile, per quanto possa essere bravo il tamada. Perciò, ogni brindisi termina con un generale esclamazione “Gaumargios!” – augurio di vittoria a tutti i presenti. Intorno alla tavola georgiana tutti sono equi, come di fronte a Dio. È per Lui che si pronuncia il primo brindisi. Sempre.
All’Altissimo
“Quando il Signore stava distribuendo le terre tra
gli uomini, i georgiani si stavano godendo una tavola imbastita, bevendo
vino e mangiando carne allo spiedo. Non avevano tempo per partecipare alla
frenesia generale. Quando la distribuzione è terminata, i georgiani si sono
trovati senza il loro pezzo di terra e il Signore ha deciso di dare loro il
giardino che aveva riservato per Sé” dice
Luarsab Togonidze con voce orgogliosa.
Ogni tamada ha una struttura chiara ed universale
dei discorsi celebrativi. Il vero tamada però deve saper apportare al brindisi
qualcosa di personale, appartenente alla sua esperienza, metterci il suo amore.
Luarsab, come la maggior parte dei suoi connazionali, ha un rapporto speciale
con Dio.
“I miei parenti lodavano il Signore a tavola anche
ai tempi sovietici, quando la religione era perseguitata. Il convivio
storicamente è la continuazione della funzione religiosa, mentre il vino
simboleggia il sangue di Cristo. Per noi è una bevanda sacra. Il vino non si beve per ubriacarsi. Tra
i georgiani l’ebbrezza è considerata una vergogna! Il vino ci permette di
toccare le nostre rinomate tradizioni. Gaumargios!”
IL
FAMOSO VIAGGIATORE
Alexandre
Dumas. “Caucaso”
...Alla nostra sinistra v’era la Kakhetia – questo
giardino del Caucaso, questo vigneto della Georgia, dove producono un vino che
rivaleggia con quello di Kizlar e potrebbe rivaleggiare con quello francese, se
i nativi sapessero produrlo e soprattutto conservarlo come si deve. Lo versano
in otri di capra o bufalo e dopo un certo periodo di tempo questi donano al
vino un sapore particolare, apprezzato, dicono, dagli intenditori, ma disgustoso a parer mio. Il vino che non viene versato negli otri di capra e
bufalo, viene distribuito in enormi anfore di terracotta, che vengono
sotterrati, proprio come gli arabi sotterrano il pane di frumento, in una sorta
di buche delle biade. Qua ricordano ancora come sotto i piedi del dragone russo
è crollata la terra e, caduto sull'otre di terracotta, è annegato come
Clarence nella botte di malvasia...All’eternità
“Esiste una leggenda sugli emigranti georgiani che sono rimasti a lungo in un ristorante parigino. Gli ospiti si succedevano e
alcuni di loro, prima di andare via, chiedevano ai camerieri l'identità di queste
persone. I camerieri rispondevano “Ah, sono i georgiani, ora loro non hanno la
percezione del tempo…” Effettivamente, per un convivio georgiano non esiste il
concetto del tempo! Quando ci sediamo a tavola, le lancette degli orologi si
fermano.
Durante un convivio georgiano sono sempre presenti
coloro che “ci hanno lasciato”. È per questo che qua, ricordano i defunti
(brindisi indispensabile, indipendentemente dal motivo dell’incontro), si usa
far tintinnare i calici: perché loro sono vivi, finché c’è chi li ricorda e li
ama. Alla fine tutti si incontreranno
prima o poi e, sicuramente, si metteranno a tavola.
“Ho avuto più di una volta una sensazione
metafisica – dice Luarsab – stai seduto a tavola per sette-otto ore senza
rendertene conto. I brindisi, i canti, l’energia incantano, ipnotizzano. È paradossale, perché sei conscio del fatto che la vita è molto breve...
Beviamo per coloro che non ci sono più, perché con la loro dipartita anche tu,
inevitabilmente, diminuisci. Gaumargios!…"La Georgia si è convertita al cristianesimo all’inizio del IV secolo. La Vergine Maria è considerata la Protettrice del paese.
Alla
generosità della terra
“…Ma la terra sa rendere, allo stesso modo in cui
toglie. Soprattutto una terra fertile come in Kakhetia! (Questa regione
all’occidente della Georgia, famosa per la sua antica storia vitivinicola, è
spesso chiamata il Bordeaux del Caucaso n.d.r.) Una volta, con un amico, stavamo parlando sul perché di così pochi uomini famosi originari della Kakhetia e siamo giunti alla conclusione
che la terra qua regala ai nativi ogni ricchezza in abbondanza, per questo
nessuno si affanna per spostarsi nella capitale, nessuno si fa in quattro per
raggiungere qualcosa e distinguersi. Credo che i vinaioli confermeranno le mie
parole.
Per mantenere una comunicazione dinamica a tavola,
il tamada sceglie spesso qualcuno per un alaverdi – la continuazione del
brindisi iniziato. La persona che riceve la staffetta sviluppa il tema
precedente. Questo non è un compito difficile per l’amico di Togonidze, il
vinaiolo Iago Bitarishvili, produttore di vino secondo le antiche tradizioni.
“Non mi considero un vinaiolo. Semplicemente aiuto
la natura a generare il vino! La natura non si può ingannare. Un mio amico,
quando studiava a Mosca ancora ai tempi sovietici, andava a raccogliere le
patate. Il loro lavoro veniva ritirato da un vecchio quasi cieco, così
raccoglievano un solo sacco di patate e lo porgevano al vecchio a turno, mentre
lui annuiva soddisfatto... lo racconto per dire che si possono ingannare sia l’uomo
che il sistema, ma non la terra... da noi si dice: “un uomo cattivo non farà un
buon vino”. La qualità del vino è un test di umanità." Il tradizionale pane georgiano shoti si cuoce in forni tondi costruiti con mattoni ignifughi. Esiste una credenza, per cui il pane ama quando si canta mentre si impasta. Solo così viene croccante e fragrante.
L’uva raccolta viene lavorata nel marani – un locale apposito. Inizialmente i grappoli si pigiano con i piedi nel satsnakheli - una pressa scanalata in un tronco massiccio di legno di conifere. Questo è il metodo più delicato perché lascia intatti i semi d’uva, permettendo di escludere l’indesiderato sapore amaro nel vino. Il succo spremuto nella pressa viene versato nei qvevri - recipienti ovoidali sotterrati con capienza fino a 2000 litri, per fermentazione, invecchiamento e successiva conservazione. Il posizionamento del qvevri permette di raggiungere una temperatura stabile di 14° C: ottimale per la conservazione di prodotti alcolici. In tante famiglie georgiane, si fa tutt’ora il vino con questo metodo antico. Con l’uva di un raccolto, Iago produce circa 1200 bottiglie, le quali sono dirette in piccole enoteche europee, statunitensi ed anche giapponesi. A proposito, l’esportazione del vino georgiano in Europa è iniziata, a detta di Luarsab, nel XIX secolo circa.
“Ai tempi iniziarono ad esportare i vini di
Mukhrani in Francia. Inizialmente non erano molto popolari presso i ristoratori
del posto. Allora il principe Bagration di Mukhrani ha inventato un trucco:
studenti georgiani vestiti di tutto punto andavano nei ristoranti e con denaro
inviato dal governo facevano lussuose ordinazioni chiedendo di servire vini di
Mukhrani. Quando venivano a sapere dai camerieri che i vini non facevano parte
della cantina, i misteriosi ospiti pagavano e, senza aver toccato le pietanze,
se ne andavano con una scenata d’effetto. È stato così che i ristoratori hanno
dovuto ampliare la loro carta di vini. Beviamo dunque alla generosità della
nostra terra! Gaumargios!"
Prendere il toro per le corna
È raro incontrare una così vasta varietà di artefatti per bere come in Georgia
1. ASARPESHI — coppe basse e tonde con lungo manico piatto,
nella forma ricordano il mestolo.
2. KULA — recipiente chiuso in legno con collo lungo e basso. Durante l’uso batte come un tamburello. Si pensa che gli uomini georgiani si caricassero prima delle battaglie grazie ai kula.
3. AKVANI — recipiente a forma di culla in ceramica, contiene circa mezzo litro. Con questo vaso si beve alla nascita di un bambino.
4. KARKARA — recipiente metallico sferico dal collo ricurvo consistente di tre tubi attorcigliati.
5. CINCILA — piccola brocca contenente circa un calice di vino.
6. KANTSI — corna di varie dimensioni, generalmente decorate con applicazioni in argento. Il più grande viene di solito fatto girare intorno alla tavolata.
7. TASI— coppa semisferica senza manici.
Agli ospiti
“In Georgia esiste una tradizione: durante il convivio si fa sempre una riserva per ospiti casuali: noi aspettiamo sempre amici nuovi! È vero, non tutti venivano da noi con il cuore aperto e buone intenzioni… ma questo non ha mai cambiato il nostro approccio agli sconosciuti.”
Dai georgiani si usa bere fino in fondo “Al Signore”, “Alla Patria”, “A chi non è più con noi”. Nel resto dei casi si può semplicemente fare un sorso e rimettere il calice sul tavolo.
Ogni ospite è una festa per i padroni di casa. Si affrettano a mettere in tavola il meglio che hanno. Dopo il lobio (fagioli in salsa di noci), sazivi (pollo in brodo di noci) e khachapuri (focaccia con formaggio) appaiono i kebab (roll di carne macinata con spezie ed erbe fresche) avvolti nei lavash (pane sottilissimo), carne cotta su carbone, gli scottanti khinkali (grossi ravioli con carne speziata ed erbe fresche), i fumanti dolma (involtini di carne macinata in foglie di vite). Si espone il vino. Tanto vino. E ogni vino dispone di un carattere individuale. I georgiani lo assaggiano ed attendono che faccia effetto. Dopo tre calici se ne può comprendere l’intensità.
Un amico russo di Luarsab, essendo in visita a Tbilisi, è entrato in casa di georgiani: gli avevano chiesto di riparare il televisore. Nel mentre, la moglie del padrone di casa ha iniziato ad apparecchiare la tavola. Presto hanno iniziato ad arrivare i vicini di casa che hanno saputo dell’ospite. Alla fine sono stati a tavola tutta la notte e il televisore non è nemmeno stato riparato.
“Abbiamo una credenza straordinaria: il tempo che si passa comunicando con gli ospiti, non viene calcolato nel conto della vita. In questo modo, ogni ospite è prezioso, perché senza saperlo ci prolunga la vita! Gaumargios!”
2. KULA — recipiente chiuso in legno con collo lungo e basso. Durante l’uso batte come un tamburello. Si pensa che gli uomini georgiani si caricassero prima delle battaglie grazie ai kula.
3. AKVANI — recipiente a forma di culla in ceramica, contiene circa mezzo litro. Con questo vaso si beve alla nascita di un bambino.
4. KARKARA — recipiente metallico sferico dal collo ricurvo consistente di tre tubi attorcigliati.
5. CINCILA — piccola brocca contenente circa un calice di vino.
6. KANTSI — corna di varie dimensioni, generalmente decorate con applicazioni in argento. Il più grande viene di solito fatto girare intorno alla tavolata.
7. TASI— coppa semisferica senza manici.
Agli ospiti
“In Georgia esiste una tradizione: durante il convivio si fa sempre una riserva per ospiti casuali: noi aspettiamo sempre amici nuovi! È vero, non tutti venivano da noi con il cuore aperto e buone intenzioni… ma questo non ha mai cambiato il nostro approccio agli sconosciuti.”
Dai georgiani si usa bere fino in fondo “Al Signore”, “Alla Patria”, “A chi non è più con noi”. Nel resto dei casi si può semplicemente fare un sorso e rimettere il calice sul tavolo.
Ogni ospite è una festa per i padroni di casa. Si affrettano a mettere in tavola il meglio che hanno. Dopo il lobio (fagioli in salsa di noci), sazivi (pollo in brodo di noci) e khachapuri (focaccia con formaggio) appaiono i kebab (roll di carne macinata con spezie ed erbe fresche) avvolti nei lavash (pane sottilissimo), carne cotta su carbone, gli scottanti khinkali (grossi ravioli con carne speziata ed erbe fresche), i fumanti dolma (involtini di carne macinata in foglie di vite). Si espone il vino. Tanto vino. E ogni vino dispone di un carattere individuale. I georgiani lo assaggiano ed attendono che faccia effetto. Dopo tre calici se ne può comprendere l’intensità.
Un amico russo di Luarsab, essendo in visita a Tbilisi, è entrato in casa di georgiani: gli avevano chiesto di riparare il televisore. Nel mentre, la moglie del padrone di casa ha iniziato ad apparecchiare la tavola. Presto hanno iniziato ad arrivare i vicini di casa che hanno saputo dell’ospite. Alla fine sono stati a tavola tutta la notte e il televisore non è nemmeno stato riparato.
“Abbiamo una credenza straordinaria: il tempo che si passa comunicando con gli ospiti, non viene calcolato nel conto della vita. In questo modo, ogni ospite è prezioso, perché senza saperlo ci prolunga la vita! Gaumargios!”
Ai figli
“La nostra vita è prolungata anche dai figli. Secondo la saggezza popolare georgiana, la vera scuola per i bambini è la loro famiglia! La cosa più importante è che gli “insegnanti” siano buoni, severi e giusti, mentre le “lezioni” diventino una festa.”
Un bravo tamada è un perfetto oratore, capace di sentire e trattenere il pubblico, conosce la giusta misura nel canto, nella burla e nelle disquisizioni filosofiche. Il suo compito è creare uno spirito di unità nella compagnia. Non è una cosa facile da imparare. Si diventa tamada un poco alla volta, assorbendo a tavola la saggezza dei grandi fin dalla tenera età ed imparando a comprendere il vino.
“Durante il convivio di famiglia i bambini possono vedere tutti i parenti. Tutte le cose più importanti le apprendiamo a tavola. Avevo circa quattro anni quando ho assaggiato il vino per la prima volta, facendo il mio primo piccolo sorso. Grazie a questo gesto mi sentivo parte della famiglia. I parenti mi hanno sempre trattato alla pari e mi hanno sempre ascoltato come se fossi uno di loro. Riflettevamo insieme: convivio significa sempre dialogo. Uno può esprimere la propria opinione, senza però provocare un litigio. Ci troviamo tutt’ora nella casa di mio padre nella gioia e nel dolore e il vino ci aiuta a risolvere i problemi, toglie lo stress, addolcisce il cuore. In Occidente, gli psicoanalisti inventano terapie di gruppo e diversi altri metodi, mentre a noi tutto questo non serve. Tutti i problemi si risolvono in famiglia a tavola! Mio figlio ha cinque anni, è tutto suo padre: vuole sempre pronunciare discorsi. Sono i nostri figli a dover continuare le tradizioni del convivio georgiano, della nostra terra. Gaumargios!”
La patria del famoso vitigno “Saperavi”
è la valle di Alasani, una regione unica della Kakhetia con
condizioni naturali uniche
Alle madri
“Abbiamo dovuto combattere molto, tanti uomini cadevano in
battaglia. È per questo che la donna in Georgia è considerata la
personificazione della forza sacra, della vita stessa, della sua
continuazione…
Ad esempio, io ho la laurea in economia ed alcuni ristoranti, ma sia
gli affari che la famiglia stanno in piedi grazie a Nino! Tutto
questo esiste solo grazie alla sua energia smoderata!
L’insulto peggiore per un georgiano è la mancanza di rispetto nei
confronti di sua madre. Tutti i bambini crescono nell'infinita
adorazione per la propria madre. Non a caso, uno dei più celebri
simboli della città di Tbilisi è il monumento alla Madre Georgia,
eretto sulla collina di Sololaki nel 1958, l’anno in cui la città
festeggiava l'anniversario per i suoi 1500 anni.
La storia ricorda tempi in cui solo uomini potevano partecipare alle
feste, o quando gli uomini e le donne si sedevano su lati opposti
della tavolata. Ora, a tavola, stiamo tutti insieme. Si possono
addirittura incontrare donne che presiedono la tavola, svolgendo il
ruolo di tamada.
Ultimamente, tanti utilizzano i social per comunicare. Non
vedono gli amici, ma solo le loro fotografie! Ma le persone devono
avere un approccio fisico, c’è qualcosa di vivificante, di eterno
in questo. È il nostro codice identificativo. È per questo che
finché esiste la Georgia, esisteranno il vino ed esisteranno i
brindisi! Gaumargios!”
Fonte: http://www.vokrugsveta.ru/article/199785/
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