La
disillusione è perfida. Sa avvicinarsi lentamente e avvelenare i sogni. Ogni giorno
ne perdi un pezzo per poi ritrovarti in un pozzo pieno di vuoto.
La si
combatte ogni giorno, con piccole illusioni infantili. La si combatteva ogni
giorno.
Oppure sa
piombare da un giorno all’altro. Tagliare le palpebre con un rasoio sottile.
Ed è come un
palloncino che scoppia.
Altre volte è
come un palloncino che lentamente si sgonfia. Prima eri piena, poi eri un po’
meno piena e un po’ più spaventata. Ma stupida capricornuta del cazzo, ci
credevi fino all’ultimo secondo. Finché un giorno ti sei svegliata con le
ferite sulle palpebre e hai visto il vuoto. Ecco. Ho visto il vuoto. La disillusione
è arrivata da un giorno all’altro. Totale. In effetti è stata un po’ entrambe
le cose… si è insinuata passo dopo passo, indifferenza dopo indifferenza,
compromesso dopo compromesso, magone dopo magone per poi arrivarmi addosso come
una betoniera lenta. Mi sta ancora passando sopra, ci sono sotto solo con le
gambe. Passerà. Mi metterò un pollice in bocca, soffierò forte e mi rigonfierò
come nei cartoni animati. E sarò di nuovo libera di respirare. Toglierò i
pezzettini di vetro con una pinzetta. Dagli occhi, dalle mani, dalla lingua,
dall’ombelico, dalle mutande. Mi disinfetterò e metterò delle tenere bende. Mi curerò
e imparerò ad amarmi anche in versione spezzata. Anche in versione buttata via.
Anche in versione rifiutata. Anche in versione sfigata.
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