mercoledì 31 agosto 2016

infinita fiducia nell'umanità.

Sono anni che penso di incidere una traccia che parta in automatico quando mi presento alla gente.
La farei partire subito dopo la stretta di mano per poter saltare la caduta dei coglioni iniziale con le domande del cazzo tipo
“ma davvero non sei italiana? Cavolo non l’avrei mai detto, non hai proprio nessun accento”
“Georgia? Russia? Ah no, non Russia, giusto giusto”
“ma davvero hai 29 anni? Te ne davo al massimo 20”
“sei venuta qua tutta sola a 15 anni? Ma pensa che coraggio”
“e com’è vivere con tuo fratello?”
“e non ti manca la tua casa?”
“si sta meglio qua o in Georgia?”
“torni ogni tanto in Georgia”
“è bella la Georgia?”
"ricordami la capitale che non me la ricordo mai" - seeeeh non te la ricordi mai, caprone di un coglionazzo
“ma che lingua parlate? Georgiano? Cos’è tipo russo? Ah addirittura una scrittura diversa” – a questo punto  si tira fuori il telefono e si mostra l’alfabeto per dare più peso all’affermazione, per poi rendersi conto che l’interlocutore non vede differenza alcuna tra georgiano, cirillico e sanscrito.
“e come mai hai scelto proprio l’Italia?” – questi gli scettici sempre pronti a sputare nel proprio piatto
“ma pensi di tornare in Georgia o starai qui per sempre?” – detta con un leggero terrore nello sguardo, consapevole che il Bel Paese è invaso da parassiti
Registrerei delle risposte gentili e le farei andare stampandomi un bel sorriso di plastica in faccia mentre la traccia avanza.

Quanto vorrei vivere in una società in cui rispondere alle domande di merda a suon di schiaffi non sia perseguibile dalla legge

lunedì 29 agosto 2016

.dentistretti.

Vabbè la banalità mi è sempre appartenuta. Ognuno si cura come meglio crede, io mi curo scrivendo minchiate a vanvera solo quando non sto bene. A rileggere questi diari mi rendo conto di quanta depressione potrei trasmettere, ma in fondo… chemenefotte?
passo così a rivedere tutta la vita con nuovi occhi. di nuovo. Mi armo di gomma a forma di orologio e mi metto a cancellare. Ridisegno i miei giorni. Mi rifaccio la stessa domanda con una frequenza pari a 30/min. e ogni volta la risposta mi si incastra nella gola e faccio fatica a respirare. Non è nulla di tragico in fondo, il tempo sistema tutto, tutto si cristallizza e rimangono solo i bei ricordi, ma mi fa rabbia pensare che ho buttato via 4 anni di emozioni positive. Certo, poi mi dico che non sono buttati, che è stato bello, che i miei coglioni… sono buttati in realtà. Buttati perché il meglio era nei dettagli, nei risvegli, nei sorrisi, nelle battute idiote, nell’abbracciarsi, sfiorarsi, nel mettersi insieme in macchina, nel tornare a casa la sera, leggere le notizie dell’internazionale, fumare le sigarette in punta di piedi, stendere la lavatrice, guardarsi di nascosto… tutto questo si cancellerà, non ne rimarrà più niente. Rimarranno i viaggi, le foto, qualche luogo, qualche data… e poi nulla.
Lo trovo terribile.

Mi viene da sbattere la testa contro i muri al pensiero che tutto quello che mi riempiva la vita fino all’altro ieri ora scomparirà lentamente. Come un Alzheimer sentimentale. Il tutto si dilegua e resta solo un nome e un viso e non c’è neanche lo sforzo di doversi evitare. Ognuno nella propria caverna. A me, la mia non è che faccia paura, però un po’ di schifo mi fa, ecco. 

venerdì 5 agosto 2016

ultimo giorno di lavoro.

Come i bambini. Quando sono molto stanca comincio a piangere e non riesco più a smettere.
O forse sono semplicemente troppo viziata. Totalmente incapace di reagire alle situazioni, al mondo , al fatto che a volte la gente risponde male ingiustamente, al fatto che le cose sono così totalmente diverse da quello che sognavo.

Non so reagire. Mi metto a piangere. Come i bambini.