martedì 25 ottobre 2016

il 28

“oh guarda è un 28”
“non capisco come fai ad essere così feroce e cinica su tutto e poi ti sbrodoli per delle stronzate così”
…la storia del 28 è nata così:
Non mi era mai importato molto di essere nata il 28, anzi consideravo il numero abbastanza insipido e inutile, non tondo e memorabile come potrebbe esserlo un 10 o 1 o 5 o 7 o un 03/03 o un 08/08
L’illuminazione mi è crollata addosso qualche anno fa a Lamporecchio, mentre stavamo facendo il check in al campeggio. Quando l’ho visto scrivere la data di nascita ho avuto improvvisamente la sensazione che ogni cosa avesse trovato il suo posto dentro di me. Ovvio, se fosse una persona che mi era indifferente poteva anche nascere esattamente il mio stesso giorno e alla stessa ora e comunque non me ne sarebbe fregato nulla, ma lui mi piaceva e mi sbrodolavo per qualsiasi espressione del suo essere, inaffrontabili slip bianchi compresi. Avevo solo 24 anni... sommandoli ad un’evidente immaturità emotiva e ritardo mentale mi collocavo ad un’età cerebrale effettiva di circa 17 anni. Se poi ci aggiungiamo l’endorfina, l’innamoramento e lo squilibrio ormonale che mi provocava la sua esistenza al mondo, potremmo anche in qualche modo giustificare tutto quello che è venuto dopo. E cioè:
-           Ho fatto il conto delle date di nascita. La mia somma era =28 (togliendo il 1900 iniziale), la sua anche. Poi mi sono accorta che la sua era uguale a 27 ma la cosa non mi ha minimamente turbato, perché ormai quel piccolo errore aritmetico mi aveva totalmente fuso il cervello
-           Ho stilizzato nella mia mente il 28 e sono giunta alla conclusione che l’8 è il simbolo dell’infinito che tende verso l’alto, mentre il 2 siamo noi.
-           Io e mia madre abbiamo 28 anni di differenza
-           Il mio ciclo mestruale dura 28 giorni
-           Sono andata a fare una serie di approfondite ricerche su wikipedia per scoprire che:
o    28 è un numero perfetto. È la somma dei primi cinque numeri primi, infatti 2 + 3 + 5 + 7 + 11 = 28.
o    È un numero idoneo
o    Il più lungo anello di numeri socievoli è composto da 28 elementi
o    È un numero felice
o    È un numero palindromo nel sistema di numerazione posizionale a base 3 (1001).
o    È il quarto numero magico in fisica nucleare
o    È il numero dei denti nella dentizione mista.
o    È il numero delle falangi, falangine e falangette delle dieci dita.
o    Con cadenza regolare di 28 anni, si verifica la ripetizione del calendario di un anno: i giorni delle settimane sono infatti corrispondenti.
o    Nella teoria dei bioritmi di Swoboda e Fliess, il ciclo Emotivo dura 28 giorni e influenza i sentimenti, l'umore, l'intuizione e la creatività. I giorni critici del ciclo Emotivo sono il 1º e il 14º: il primo giorno, la fase è in ascesa e perciò cresce più l'irritabilità che lo stato depressivo. Il quattordicesimo giorno, invece, la fase è in discesa verso sentimenti di incomprensione e di frustrazione. Nei due giorni, c'è una certa sollecitazione bulimica della pulsione orale.
o    È il numero delle consonanti dell'alfabeto arabo.
o    Il primo verso della Bibbia è composto da 28 lettere ebraiche
o    La cupola del Pantheon è composta da 5 ordini di 28 lacunari ciascuno
o    Nella Smorfia il numero 28 sono i seni (cosa che ho affrontato con notevole dignità, nonostante l’inadeguatezza del simbolo)
o    Nel film Donnie Darko l'universo sarebbe collassato dopo 28 giorni
E tanto altro.
Dopo aver scoperto cosa fossero i numeri felici, idonei, socievoli e i numeri magici della fisica nucleare mi sono concentrata più sull’aspetto mistico, per quanto anche la matematica e la fisica spinta abbiano del magico, ma mi risultava troppo complesso. Sono più da favolette popolari di semplice comprensione. Quindi mi sono buttata sulla mistica per scoprire quello che mi è parso di aver sempre saputo.
Le interazioni composte dai numeri vanno al di là di un mero calcolo quantitativo. 
Infatti da un punto di vista spirituale l’uno rappresenta l’unico, cioè l’unicità della divinità; il due non proviene dal raddoppiamento dell’uno, ma dalla sua divisione. Il due divide e rompe l’armonia dell’uno, e il ritorno all’unità si ha con il tre, cioè con il percorso inverso. Fatto che spiega come il tre, il 
triangolo, la triade, siano espressioni dell’unità. In tutte le tradizioni antiche i Numeri sono sacri, proprio perché permettono di comprendere l’ordine delle cose e le leggi del cosmo. 
 28 = 2 + 8 = 10 = 1 + 0 = 1; il Numero ventotto è dunque l’espressione dell’unità primordiale. Ma è anche composto di 4 x 7, apparentato alle quattro fasi della luna. 
I Numeri pari hanno una polarità femminile, quindi sono passivi e rappresentano degli stati dell’essere, mentre i Numeri dispari, con polarità maschile, sono attivi e rappresentano degli avvenimenti. 
Il Due, come diade, è l’espressione della dualità. In una visione dualistica del mondo si ha la separazione del principio materiale dal principio spirituale, e il numero Due è l’incarnazione degli opposti: maschile/femminile, giorno/notte, terra/cielo, ecc. Essendo un principio duale, indica sia il contrasto, la polarità, sia il tentativo di conciliazione. Quindi il Due può essere considerato un numero ambivalente: nella sua funzione positiva cerca di riconciliare gli opposti, per ritornare all’unione ed è indice di saggezza, come ricerca attiva di una perduta armonia, oppure ha un carattere negativo se porta alla rottura dell’unità con la netta divisione dei contrari. Il numero Due, ci porta all’interno di una differenziazione, non multipla, bensì fondata su un conflitto binario che comporta un’esclusione e una spaccatura: vero o falso, bianco o nero, ecc. La linea è la figura geometrica raffigurante il due; infatti si ha un collegamento con il simbolismo della croce nella coppia della verticale e dell’orizzontale: la linea orizzontale indica lo sviluppo materiale, mentre quella verticale l’elevazione spirituale.
Nell’Antichità il numero Due era attributo della Grande Madre Terra.
Invece per l’8 abbiamo l’infinito (come giustamente intuito dalla vostra umile serva). E l’infinito è indissolubilmente legato al Karma, alla fecondità e alla prosperità. Il numero Otto, quindi, come simbolo dell’infinito, del riflesso dello spirito nel mondo creato, dell’incommensurabile e dell’indefinibile. Dal punto di vista prettamente esoterico, il numero 8 simboleggia la Giustizia rappresentata da una bilancia con due piatti e trasposta nell’intelletto che si eleva oltre ciò che è terreno. 
L’Otto è anche il numero che simboleggia la morte, in termini di transizione e di passaggio.
La rappresentazione del numero Otto si palesa anche nell’archeologia sacra dato che l’Otto viene universalmente considerato il numero “difensore” dell’equilibrio cosmico. Nella cultura orientale, soprattutto quella legata alla religione, troviamo templi costruiti su pianta a base ottagonale, ovvero sulla figura che fa girare la ruota del centro stesso dell’universo. Sin dai tempi antichi, il numero Otto è considerato sacro nel paese del Sol Levante rappresentando una quantità immensa ma allo stesso tempo non definibile. Lo stesso territorio nipponico veniva rappresentato dal numero Otto dato che, come ben sappiamo, è costituito, oltre che dalle quattro isole maggiori, da un numero enorme di isole e isolotti.
Nella dottrina cristiana, l’ottavo giorno rappresenta la trasfigurazione e il Nuovo Testamento. Dopo i sei giorni della creazione e il settimo di riposo, l’ottavo simboleggia la resurrezione del Cristo e dell’uomo stesso annunciando quindi l’eternità. Nella filosofia orientale, l’interazione cosmica dello Yin e dello Yang realizza le cosidette “Otto forze della natura” e queste, nel loro insieme, danno forma agli otto trigrammi del bagua (o pakua) che, a loro volta, danno origine ai sessantaquattro esagrammi dell’I Ching.


Forte di tutte queste interessantissime, fondatissime e approfonditissime conoscenze, senza grossi sforzi, il mio inconscio ha trovato il suo punto di equilibrio, il centro di gravità permanente, la provenienza e la destinazione mistica che mi consacrava a questo tenero paffutello di mezza età. Da allora mi sembrava di essere positivamente perseguitata dal 28. Ogni volta che guardavo l’ora i minuti erano 28. Ogni volta che guardavo la targa di una macchina c’era di mezzo il 28. Numeri di telefono, numeri civici, numeri dei cedolini delle raccomandate, numeri al banco dei salumi, numero della pista di atterraggio, numero della tangenziale, numero dello scontrino… vedevo il 28 ovunque. Ogni 28 del mese, matematicamente mi arrivava un suo messaggio (eravamo ancora ai tempi dei sms). Ricordo perfettamente il toc-toc-toc del mio vecchio dumb phone e il cuore in gola ad ogni messaggio. Ricordo anche che quando l’anno scorso ho compiuto 28 anni ho pensato che forse anch’io e mia figlia avremmo avuto 28 anni di differenza e forse mia figlia avrebbe avuto la stessa consistenza paffutella di suo padre.
Fra due mesi i miei 28 anni sono finiti. Non c’è traccia della bambina paffutella con grandi occhi e un grande appetito. Non c’è traccia del tenero paffutello di mezza età. Il nostro 28 è stato spezzato. Forse non è mai stato vero… forse, se proprio devo per forza dare un significato simbolico sempre a tutto, posso concludere che visto che fra 2 mesi avrò finito i miei 28 anni, vorrà dire che è giunta l’ora di chiudere anche questa porta.
La magia del 28 con noi non ha funzionato.



lunedì 24 ottobre 2016

i miei piedi vorranno andare dove tu dormi, ma continuerò a vivere.

venerdì 21 ottobre 2016

mercoledì 19 ottobre 2016

cristallo

diceva lui:
è così, no?
si cristallizzano i momenti e poi ti rimangono i momenti e non più la persona in sé.

procediamo con la cristallizzazione dei momenti

Sull'autobus che ci portava verso l’aeroporto di Marco Polo mi ero seduta di traverso sul primo sedile dietro l’autista. Ho agitato le gambe nell'aria e lui ha detto che a volte sembro proprio una bambina. E io mi sono improvvisamente sentita amata e riflessa nei suoi occhi raggianti.

Sarà il complesso di Elettra. 

martedì 18 ottobre 2016

sta su bella fiera

Apri le ali e splendi.

Porta con orgoglio la corona della regina abbandonata. Porta a testa alta l’abbandono. E sorridi. 

venerdì 14 ottobre 2016

martedì 11 ottobre 2016

venerdì 7 ottobre 2016

the fur.

Io sono pelosa. È una cosa di cui mi vergogno da quando ho 3 anni, perché prima evidentemente non mi rendevo conto di essere ricoperta da un morbido strato di pelo, o v u n q u e. Forse sarei andata avanti a non rendermene conto, ma, oltre ad avere la fortuna di portarmi addosso visibili segni della mia provenienza etnica, ho anche avuto quella di avere un fratello maggiore spudoratamente biondo e liscio in ogni sua parte. Questo mio fratello mi proibiva di avvicinarmi a lui in cortile d’estate perché si vergognava di essere così liscio e biondo rispetto a me che sembravo un piccolo e morbido roditore guanciuto. I miei compagni di classe mi prendevano in giro perché avevo i baffi più virili di loro. Una volta ricordo che mi ero messa a piangere per questo, avrò avuto 12-13 anni ed ero il terrore della scuola. Sapevo prendere in giro con pungente ironia e noncuranza chiunque, per qualsiasi cosa. Sguazzavo nella mia posizione di cinico giullare autoironico. Autoironico su tutto tranne sulla mia lana, probabilmente perché era una cosa di cui mi vergognavo davvero. Sapevo prendermi in giro per qualsiasi cosa tranne questa e poi boooommm. Qualcuno ha notato il folto vivaio sotto il mio naso. Era una delle due volte nella mia carriera scolastica in cui ho pianto in pubblico. Ricordo anche che la professoressa di storia ha insistito finché una delle mie amiche non le ha confidato il motivo dei miei occhi rossi. Poi la professoressa ha costretto i due personaggi a scusarsi con me in privato. È un episodio che ricordiamo sempre nelle nostre rimpatriate ubriache. Era un avvenimento storico: la m che dimostra di essere fragile… sì, una volta avevo dei gran coglioni, ma poi mi sono caduti.
Continuavo a scassare la minchia a mia madre affinché mi lasciasse intervenire su questo disastro, ma lei si rifiutava, perché, ingenua illusa, sperava che crescendo il mio corpo si sarebbe accorto che sono una cucciola d’uomo e non di uno yeti ed i peli sarebbero caduti improvvisamente ed autonomamente.
Non accadde.
Poi una sera eravamo andate a trovare degli amici e tornate a casa, di sua spontanea volontà, mi ha proposto di strapparmi un po’ di carne viva con la cera. Ho quasi la certezza che sia stata la sua amica a suggerirle la mossa, fosse per lei sarebbe ancora illusa del fatto che un giorno crescerò ed i peli cadranno miracolosamente (ora non aspetta più la caduta dei peli, ma ha ancora delle ingenue speranze sul fatto che io possa in qualche modo crescere).
E fu lì, all’età di circa 13 anni, che iniziò la mia lotta contro i peli superflui. Ci sono stati anni di ceretta casalinga con cui puntualmente mi scottavo la faccia e poi andavo in giro con due orribili croste al posto dei baffi. Nella mia mente credevo che continuando a scottarmi, un giorno la pelle avrebbe smesso di produrre la lana. Non accadde.
Poi ci fu un periodo di decolorazione del pelo. Mi tingevo le basette, la barba e i baffi di quello che doveva rendere la lana invisibile e come risultato ottenevo un effetto molto punk: capelli scuri e barba di un giallo paglierino.
A 18 anni ho intrapreso un lungo e dolorosissimo ciclo di depilazione con l’ago elettrico. Per chi ha la fortuna di non doverlo sapere: è un sottile ago che viene infilato in ogni bulbo pilifero, viene fatta passare la corrente elettrica per uccidere il bulbo e poi per almeno 3 settimane si ha una bomba atomica esplosa in faccia. Finito quel dolorosissimo ciclo mi sono liberata per la maggior parte delle basette e di una buona percentuale di baffo. Rimaneva il pizzetto, il collo e qualche spavaldo quanto inaspettato pelo qua e là.
Dai 19 ai 22 anni sono tornata alla buona vecchia ceretta, con conseguenti scottature in viso e rovina dell’effetto dell’ago elettrico, facendo ricrescere parecchia della flora sterminata dalla corrente elettrica.
Dai 23 ai 28 anni mi sono lanciata sulla luce pulsata che pareva promettere miracoli senza infliggere dolore e senza irritare la pelle. Il miracolo non accadde. I motivi per cui ero andata avanti erano: 1. L’ago elettrico costava di più e praticamente nessuno lo faceva 2. Era molto meno doloroso 3. Non avevi la distruzione nucleare in faccia per le 3 settimane successive.
All’alba dei 29 anni mi sono rotta il cazzo di buttare via soldi senza avere risultati e sono tornata all’ago elettrico: tortura ancora eseguita da un’unica estetista di Verona. Una certa sig.ra C di un’età indefinita tra i 70 e i 90 anni, la quale promette che entro l’estate risolveremo la questione.

Ora. La cosa più buffa in tutto questo è che ieri, mentre tornavo a casa con la faccia ed il portafoglio in fiamme, mi sono domandata: e se fra qualche mese, per effetto collaterale di una qualche altra possibile cura, mi dovessero cadere tutti i peli e i capelli? È una possibilità non troppo remota. Cosa ne penserò? Aver lottato contro un fenomeno naturale, una natura selvaggia che si impossessava della mia pelle, per poi vincere in modo così triste. Ho pensato che potrei chiamare mia madre e dirle che il miracolo è accaduto: i peli sono andati via, sono cresciuta! Ma ci ho ripensato, sarebbe troppo crudele. 

eccomi - Jonathan Safran Foer

come farsi sbattere l'abbandono in faccia. 

giovedì 6 ottobre 2016

verfremdungseffekt

Devo essermi fatta un bagno in una vasca di anestetico fortissimo.
Non ho paura dove dovrei avere paurissima. Dormo sogni profondi e bui, le immagini sfocate si dileguano in 4 secondi. È come se tutto questo non stesse succedendo a me. Come se la vita non mi stesse crollando addosso. Come se fosse solo un film o il racconto di una vita di qualcuno di cui non me ne frega poi più di tanto. Forse questa è la verità: la mia vita è il racconto di qualcuno di cui non me ne frega poi tanto.
Esisto nella avvolgente tenerezza di questa luce dorata autunnale e non voglio che questa sensazione di estraniazione dalla mia stessa esistenza passi. Ho ormai appurato da tempo di non essere in grado di gestire le situazioni reali, che sono nata per fuggire dai dolori del giovane Werther (e anche da tutti gli altri dolori, se è per quello). Non fosse che sono una ragazzina mediocre probabilmente, anzi sicuramente, sarei diventata una tossica. Sfuggire alla realtà è l’unico modo possibile per sopravvivervi, almeno per me. Non sono una lottatrice, sono un gatto pigro e lento. Voglio continuare a riuscire a guardare da fuori la mia vita. come fosse un curioso acquario.


Life in a glass house. 

lunedì 3 ottobre 2016



Ha senso arrabbiarsi con una persona, sapendo che tanto dopo la perdoni?

domenica 2 ottobre 2016

eccomi - jonathan safran foer

-Okay... Dio mette alla prova Abramo, e il testo dice "Qualche tempo dopo, Dio mise alla prova Abramo. Gli disse: 'Abramo!' 'Eccomi' rispose Abramo". La maggior parte della gente dà per scontato che la prova sia che Dio chiede ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco. Ma secondo me si potrebbe anche leggere che la prova è quando Dio lo chiama. Abramo non dice: "Che cosa vuoi?" Non dice: "Sì" Risponde con una dichiarazione: 'Eccomi'. Qualunque cosa Dio voglia, Abramo è completamente presente per Lui, senza condizioni o riserve o necessità di spiegazioni. Quella parola - hinneni: eccomi - ritorna altre due volte in questo brano. Quando Abramo porta Isacco sul monte Moriah, Isacco si rende conto di quello che stanno per fare e di quanto le cose si mettano male. Sa che sta per essere sacrificato, come tutti i bambini che sanno sempre quello che sta per succedere. Si legge "E Isacco si rivolse al ad Abramo, suo padre, e gli disse: 'Padre mio!', ed egli: 'Eccomi, figlio mio'. E Isacco disse: 'Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov'è l'agnello per il sacrificio?' E Abramo disse: 'Dio provvederà all'agnello per il sacrificio, figlio mio'". Isacco non dice: 'Padre', dice: 'Padre mio'. Abramo è il padre del popolo ebraico, ma è anche il padre di Isacco, il suo padre personale. E Abramo non chiede: 'Che cosa vuoi?' Dice: 'Eccomi'. Quando Dio chiama Abramo, Abramo è completamente presente per Dio. Quando Isacco chiama Abramo, Abramo è completamente presente per suo figlio. Ma com'è possibile? Dio chiede ad Abramo di uccidere Isacco e Isacco chiede a suo padre di proteggerlo. Come può Abramo essere due cose opposte contemporaneamente? Hinneni è usato un'altra volta nel brano, nel momento più drammatico. "E arrivarono al luogo che Dio gli aveva detto e Abramo costruì un altare e preparò la legna, poi legò Isacco, suo figlio, e lo mise sull'altare sopra la legna. E Abramo stese la mano e prese il coltello per sgozzare suo figlio. E un messo del Signore lo chiamò dal cielo e disse: 'Non alzare la tua mano sul ragazzo e non fargli niente, perché adesso so che temi Dio e non mi hai negato tuo figlio, il tuo unico' ". Abramo non chiede: "Che cosa vuoi?" Dice: "Eccomi". La porzione di Torah per il mio Bat Mitzvah tocca molti temi, ma secondo me il più importante è la riflessione su quali sono le persone per cui noi siamo completamente presenti e come questo, più di qualunque altra cosa definisca la nostra identità. -

ci sono dei libri che sanno arrivare esattamente nel momento in cui hai bisogno di loro. sembra quasi una presa per il culo la precisione con cui riescono a spargere sale sulle ferite o costringerti a porti domande che avevi paura di affrontare. era successo con il 1984, i 100 anni di solitudine, maestro e margherita, kafka sulla spiaggia, homo faber, invisible monsters. sono arrivati esattamente nel momento in cui avevo bisogno di loro. così ora Eccomi di safran foer è esattamente quello di cui probabilmente non ho bisogno, perché mi fa fermare a ogni pagina, alzare gli occhi e versare leggerissime lacrime di autunnale tristezza. con questo non sto paragonando questo libro a maestro e margherita o ai 100 anni di solitudine, sarebbe quasi una bestemmia. questo non è un libro che rileggerò. è pesante e a tratti pretenzioso e a tratti banale, ma alcuni pezzi sembrano un abbraccio comprensivo e morbido o a volte una sfida sputata negli occhi. neanche una risposta però, nessuna risposta. resto senza risposte.