mercoledì 12 marzo 2014

16.04

11 settembre 2012.
Partita Georgia - Spagna.
4 parole in un sms ironico.
cuore in gola.
mani tremanti che compongono il numero dell'unica confidente.
urla.
dita che non riescono a rispondere.
fiori che sbocciano negli occhi.
fuochi d'artificio che esplodono in faccia.
Hai iniziato tu questo gioco. 
Di sicuro non pensavi che con un tuo simpatico sms lungo 4 parole io avrei progettato il nostro futuro in comune.
Ma l'hai fatto.
E ora sono passati un po' di giorni da quell'11 settembre e tu ti scopri in grado di alzarti dal letto caldo alle 2 notte di una domenica fredda per venire a dirmi "ciao" con palpebre abbassate, il cuscino stampato in faccia, la faccia da culo, la voglia di comunicare pari allo zero virgola 3 periodico e io col pigiama con i pinguini e sopra il cappotto e le labbra bianche di dentifricio.
Ridicola bambina innamorata che ti disegna i cuoricini sul parabrezza.
Questo è amore mi dicono.
Questa è illusione mi dico.
E tu non dici mai niente.
Ma basta che tu esista al mondo, sai? Va bene così.

sensi infiammati.
scopri, bullandoti con te stessa, che sei ancora in grado di reggere le 48 ore da sveglia. Reggi ancora notti passate attorcigliata attorno al tuo corpo. Notti a stringerti le caviglie e cercare di diventare sempre più piccola, a torturarti la mente con immagini, voci, sorrisi nel buio.
Non ancora del tutto vecchia.
Non ancora del tutto giovane.
Non ancora nata.
Morirai prima di nascere.
Un embrione spaventato.
Sono la peggior creatura della mia stessa mente.
La vita sembra un continuo tapis roulant. Corri in continuazione, ti ammazzi i polmoni, e invece sei sempre nello stesso posto.
Sempre nello stesso identico posto.
I 50 cm che occupi mentre ti attorcigli su te stessa sotto le lenzuola, con il sorriso schiacciato contro le ginocchia e le caviglie strette tra le mani.
Un bel posto di merda, devo ammettere... ma è il mio posto. Io sono il mio posto. Smetterla di accanirsi a cercarne uno. Dentro un abbraccio, dentro un cielo di un posto, dentro un sorriso, dentro degli occhi. Io non mi rifletto nello specchio, non mi sdoppio. Mi ricostruisco ogni giorno con microscopici pezzi di puzzle monocromatici.