martedì 9 maggio 2023

09.05.2023

 

Ci tengo un sacco a questa cosa che io sono figa e posso fare tutto da sola.

In effetti posso fare quasi tutto da sola, ma certe volte mi domando che cazzo ho in testa.

Oggi ho deciso di andare a piedi fino a San Vito, attraversando i vigneti. Vigneti infangati. Ruote del passeggino che si bloccano. Io che cerco di liberarle dal fango con gli esili rametti di vite. Io che bestemmio. La pioggia che inizia e io che non mi sono portata nulla per coprirti. Alla fine ho dovuto farmi tre quarti di strada impennando su due ruote con te che dormivi con testa e guance a penzoloni.

Certo, nulla di tragico. È che sono stanca morta e mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi aiutasse. Ma chiedere è pari a un piatto di merda calda per me, quindi via: sputtano le poche energie a disposizione e porto in giro la mia coroncina di corna cazzute.

Non è tanto questione di indipendenza, quanto di un minimo di sale in zucca.

A me è sempre mancato, ma ora andiamo verso valori negativi.

Comunque, un’avventura al giorno per te. A fine giornata c’è sempre qualcosa di tragicomico da ricordare.

Ah e volevo anche ricordare che esattamente un anno fa ti sei mosso per la prima volta. O meglio è stata la prima volta che ti ho sentito. O almeno credo fossi tu. Era ora che ti sentissi e mi dicevano che la sensazione è simile alle bolle nella pancia, solo che io non riuscivo a capire la differenza e non sapevo mai se sbrodolarmi emozionata o stringere l’ano per non condividere i miei gas intestinali. Però ricordo bene che ero sdraiata al buio e ho sentito come una farfalla nella pancia. Mi piace pensare che eri tu, anche perché era la mia prima festa della mamma ed ero molto triste (non per la ricorrenza, per carità) e tu mi hai fatto ciao ciao e subito non ero più triste.

Ecco.

Resta comunque il dubbio che fosse solo una scoreggia…

08.05.2023

 

Tu non sei come tutti i bambini.

È probabilmente la cosa che pensa ogni madre.

Che poi, io di altri bambini non so una mazza. Il mio istinto materno esisteva in un mondo parallelo, in realtà non avevo idea di quello che fosse un bambino.

Una cosa però è certa: se alla maggior parte dei bambini piace la macchina e, addirittura, pare essere un infallibile metodo per abbatterli, a te la macchina fa cagare.

Ieri ti ho portato a Garda a fare un giro con la grande V e la piccola V e tu hai pianto come se ti stessero cavando la pelle per tutto il viaggio di andata e di ritorno. Sudato, rigato di lacrime, bestemmiante… io che già guido di merda, figurati come sto bene con un elemento di disturbo del genere. Mi concentro per non guardarti mentre guido, giusto così per scongiurare tipo un frontale, ma ogni volta arrivo a destinazione sfinita e ogni volta mi prometto che non ti porterò più in giro in macchina e poi ogni volta ci ripenso, perché non posso mica smettere di vivere solo perché tu ami cagare il cazzo. Tra l’altro, ieri la mia fabiolina ha deciso di mollare la batteria dopo nove anni di onorato servizio. Quindi, ricomponiamo il quadro: tu – sudato, disperato, bestemmiante, io sudata, disperata, bestemmiante, che andiamo in giro con aria di elementi socialmente pericolosi a supplicare se qualcuno ci dà la carica per partire. Per fortuna, avere l’aria di madre adolescente con un piccolo animaletto dai grandi occhi è di aiuto in certe situazioni. Alla fine siamo riusciti a partire, ma non per questo mi hai risparmiato le tue urla furibonde per tutto il viaggio.

In questo momento, sono in piedi che dondolo, con te impacchettato nel marsupio. Ti sei appena addormentato. Speravo che dormissi nel letto, così magari potevo farmi un micro pisolino anch’io, ma tu sei convinto di essere un piccolo canguro e preferisci dormire nel marsupio, con il bonus della mia schiena spezzata: d’altronde non c’è goduria per te se io non soffro.

Per finire la giornata, ieri è venuto quel pagliacetto di mio fratello a farti mille feste e, nonostante tu fossi bollito dopo il viaggio, hai riso un sacco lo stesso. Io adoro la tua risata. Mi si schiudono tutti i fiori dentro e sento un milione di campanellini e voglio esplodere e penso che non ci sia cosa più figa di avere un botolo come te. 

Ho la schiena in frantumi però... come la vogliamo mettere con questa cosa che appena provo a metterti giù, azioni l’inclinometro e cominci a piangere?

 


domenica 7 maggio 2023

07.05.2023


Ho deciso di iniziare questo diario per te, ma soprattutto per me. Perché ho la sensazione di essere invisibile, ho il terrore che domani mi sveglierò e tu avrai vent’anni e tutti questi piccoli momenti belli, brutti, difficili, disperati e tenerissimi verranno persi nell’oblio. Non so se ho una malattia degenerativa o se è normale essere così smarriti. Mi dimentico tutto, dalle cose vecchie alle cose nuove, non padroneggio più il linguaggio e quando parlo sembro affetta da una qualche sindrome rincoglionente o forse, più semplicemente, sembro un’analfabeta.

Non ho più il tempo per leggere.

Non più il tempo per pensare a cose belle, edificanti, sviluppanti.

Tutti i miei pensieri si aggirano continuamente intorno alle cose da fare, pulire, lavare, cambiare, riordinare, cucinare e, nelle pause, litigo mentalmente con tuo padre.

Ho deciso quindi di iniziare questo diario e spero di avere sufficiente costanza. Spero che tu inizi a dormire per più di trenta minuti alla volta e spero di imparare a sbattermene del porcile in cui viviamo.

Ho scritto diari per anni, diari scritti in teneri quadernetti, diari scritti in quaderni più adulti, diari scritti su un floppy disk che ormai nessuno potrà rileggere, diari scritti sul web, diari scritti su word e poi dimenticati nei meandri degli incasinati terabyte di hard disk che non funzionano più.

Considerando che non voglio prendere la Sertralina che mi hanno prescritto per calmare un po’ il sistema nervoso, che non voglio bere più di un bicchiere di vino al giorno, perché ti starei ancora allattando e mi sembra disonesto iniziarti all’alcolismo all’età di sette mesi, considerando che i cannabinoidi sono diventati per me fonte di orribili paranoie e trip bruttissimi (roba che con quattro tiri di spinello, inizio a svalvolare e partire per spirali di infantili paure e insensate paranoie paralizzanti), mi è venuto in mente che, da giovane, la scrittura era l’unica cosa che mi salvava dalla solitudine, dalla sensazione di non esistere, dalle paure, malinconie, tristezze. Nonostante abbia appurato da tempo di non avere talento nella scrittura, nonostante abbia abbandonato da tempo il sogno di diventare scrittrice, critica letteraria o traduttrice letteraria, nonostante il mio vocabolario si sia ristretto per mancanza di stimoli, nonostante il mio senso dell’umorismo e cinismo abbiano perso parecchio smalto, trovo ancora nella scrittura uno dei modi migliori per tranquillizzarmi e tornare a me stessa.

Eccomi dunque mio piccolo botolo, ti uso come destinatario non senziente delle mie righe.

La giornata è iniziata intorno alle 5. Tu dormivi accanto con indosso questo pigiamino con gli alci che ti hanno passato le cuginette francesi e che ti va già piccolo, ma viste le ristrettezze cerco di prolungare la vita utile di ogni oggetto. Mi sono resa conto stanotte che era decisamente ora di tagliarti le unghie dei piedi, perché mi hai graffiato la pancia tutta la notte. Ti agiti come un forsennato mentre dormi. O meglio, passi da momenti in cui agiti gambe, braccia e testa a momenti in cui ti adagi e dormi come un piccolo animaletto guanciuto.

Ecco che ti sei svegliato…

Finisco per il momento.