venerdì 7 ottobre 2016

the fur.

Io sono pelosa. È una cosa di cui mi vergogno da quando ho 3 anni, perché prima evidentemente non mi rendevo conto di essere ricoperta da un morbido strato di pelo, o v u n q u e. Forse sarei andata avanti a non rendermene conto, ma, oltre ad avere la fortuna di portarmi addosso visibili segni della mia provenienza etnica, ho anche avuto quella di avere un fratello maggiore spudoratamente biondo e liscio in ogni sua parte. Questo mio fratello mi proibiva di avvicinarmi a lui in cortile d’estate perché si vergognava di essere così liscio e biondo rispetto a me che sembravo un piccolo e morbido roditore guanciuto. I miei compagni di classe mi prendevano in giro perché avevo i baffi più virili di loro. Una volta ricordo che mi ero messa a piangere per questo, avrò avuto 12-13 anni ed ero il terrore della scuola. Sapevo prendere in giro con pungente ironia e noncuranza chiunque, per qualsiasi cosa. Sguazzavo nella mia posizione di cinico giullare autoironico. Autoironico su tutto tranne sulla mia lana, probabilmente perché era una cosa di cui mi vergognavo davvero. Sapevo prendermi in giro per qualsiasi cosa tranne questa e poi boooommm. Qualcuno ha notato il folto vivaio sotto il mio naso. Era una delle due volte nella mia carriera scolastica in cui ho pianto in pubblico. Ricordo anche che la professoressa di storia ha insistito finché una delle mie amiche non le ha confidato il motivo dei miei occhi rossi. Poi la professoressa ha costretto i due personaggi a scusarsi con me in privato. È un episodio che ricordiamo sempre nelle nostre rimpatriate ubriache. Era un avvenimento storico: la m che dimostra di essere fragile… sì, una volta avevo dei gran coglioni, ma poi mi sono caduti.
Continuavo a scassare la minchia a mia madre affinché mi lasciasse intervenire su questo disastro, ma lei si rifiutava, perché, ingenua illusa, sperava che crescendo il mio corpo si sarebbe accorto che sono una cucciola d’uomo e non di uno yeti ed i peli sarebbero caduti improvvisamente ed autonomamente.
Non accadde.
Poi una sera eravamo andate a trovare degli amici e tornate a casa, di sua spontanea volontà, mi ha proposto di strapparmi un po’ di carne viva con la cera. Ho quasi la certezza che sia stata la sua amica a suggerirle la mossa, fosse per lei sarebbe ancora illusa del fatto che un giorno crescerò ed i peli cadranno miracolosamente (ora non aspetta più la caduta dei peli, ma ha ancora delle ingenue speranze sul fatto che io possa in qualche modo crescere).
E fu lì, all’età di circa 13 anni, che iniziò la mia lotta contro i peli superflui. Ci sono stati anni di ceretta casalinga con cui puntualmente mi scottavo la faccia e poi andavo in giro con due orribili croste al posto dei baffi. Nella mia mente credevo che continuando a scottarmi, un giorno la pelle avrebbe smesso di produrre la lana. Non accadde.
Poi ci fu un periodo di decolorazione del pelo. Mi tingevo le basette, la barba e i baffi di quello che doveva rendere la lana invisibile e come risultato ottenevo un effetto molto punk: capelli scuri e barba di un giallo paglierino.
A 18 anni ho intrapreso un lungo e dolorosissimo ciclo di depilazione con l’ago elettrico. Per chi ha la fortuna di non doverlo sapere: è un sottile ago che viene infilato in ogni bulbo pilifero, viene fatta passare la corrente elettrica per uccidere il bulbo e poi per almeno 3 settimane si ha una bomba atomica esplosa in faccia. Finito quel dolorosissimo ciclo mi sono liberata per la maggior parte delle basette e di una buona percentuale di baffo. Rimaneva il pizzetto, il collo e qualche spavaldo quanto inaspettato pelo qua e là.
Dai 19 ai 22 anni sono tornata alla buona vecchia ceretta, con conseguenti scottature in viso e rovina dell’effetto dell’ago elettrico, facendo ricrescere parecchia della flora sterminata dalla corrente elettrica.
Dai 23 ai 28 anni mi sono lanciata sulla luce pulsata che pareva promettere miracoli senza infliggere dolore e senza irritare la pelle. Il miracolo non accadde. I motivi per cui ero andata avanti erano: 1. L’ago elettrico costava di più e praticamente nessuno lo faceva 2. Era molto meno doloroso 3. Non avevi la distruzione nucleare in faccia per le 3 settimane successive.
All’alba dei 29 anni mi sono rotta il cazzo di buttare via soldi senza avere risultati e sono tornata all’ago elettrico: tortura ancora eseguita da un’unica estetista di Verona. Una certa sig.ra C di un’età indefinita tra i 70 e i 90 anni, la quale promette che entro l’estate risolveremo la questione.

Ora. La cosa più buffa in tutto questo è che ieri, mentre tornavo a casa con la faccia ed il portafoglio in fiamme, mi sono domandata: e se fra qualche mese, per effetto collaterale di una qualche altra possibile cura, mi dovessero cadere tutti i peli e i capelli? È una possibilità non troppo remota. Cosa ne penserò? Aver lottato contro un fenomeno naturale, una natura selvaggia che si impossessava della mia pelle, per poi vincere in modo così triste. Ho pensato che potrei chiamare mia madre e dirle che il miracolo è accaduto: i peli sono andati via, sono cresciuta! Ma ci ho ripensato, sarebbe troppo crudele. 

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