lunedì 19 settembre 2016


La disillusione è perfida. Sa avvicinarsi lentamente e avvelenare i sogni. Ogni giorno ne perdi un pezzo per poi ritrovarti in un pozzo pieno di vuoto.
La si combatte ogni giorno, con piccole illusioni infantili. La si combatteva ogni giorno.
Oppure sa piombare da un giorno all’altro. Tagliare le palpebre con un rasoio sottile.
Ed è come un palloncino che scoppia.

Altre volte è come un palloncino che lentamente si sgonfia. Prima eri piena, poi eri un po’ meno piena e un po’ più spaventata. Ma stupida capricornuta del cazzo, ci credevi fino all’ultimo secondo. Finché un giorno ti sei svegliata con le ferite sulle palpebre e hai visto il vuoto. Ecco. Ho visto il vuoto. La disillusione è arrivata da un giorno all’altro. Totale. In effetti è stata un po’ entrambe le cose… si è insinuata passo dopo passo, indifferenza dopo indifferenza, compromesso dopo compromesso, magone dopo magone per poi arrivarmi addosso come una betoniera lenta. Mi sta ancora passando sopra, ci sono sotto solo con le gambe. Passerà. Mi metterò un pollice in bocca, soffierò forte e mi rigonfierò come nei cartoni animati. E sarò di nuovo libera di respirare. Toglierò i pezzettini di vetro con una pinzetta. Dagli occhi, dalle mani, dalla lingua, dall’ombelico, dalle mutande. Mi disinfetterò e metterò delle tenere bende. Mi curerò e imparerò ad amarmi anche in versione spezzata. Anche in versione buttata via. Anche in versione rifiutata. Anche in versione sfigata. 
















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