domenica 23 maggio 2021

volver

 Ora bisogna proprio tornare.

Tornare a svegliarsi la mattina, rimandando la sveglia almeno 4 volte e bestemmiando il Signore.

Infilarsi dei vestiti, smerdarsi qualche malta in faccia per apparire meno verde, mettere in moto il canarino, ascoltare il Trio Medusa, bestemmiare il Signore perché i semafori sono cronicamente rossi. Bestemmiare il Signore, perché sono in ritardo e non trovo parcheggio. Timbrare. Entrare. Sorridere. Rispondere a domande sul perché sono scomparsa per più di un mese. Spiegare o glissare, a seconda dell’interlocutore. Immergersi in telefonate, in accenti veneti di varie provenienze, in accenti spagnoli di varie provenienze, in ipocrisie, falsità, nel meccanismo del produrre-produrre-produrre.

Le giornate si allungano, i bar sono di nuovo aperti, ho un sacco di persone da rivedere, un sacco di cose da fare.

Ma come sarà?

Come sarà non potersi telefonare per qualsiasi cazzata, non ricevere video in pieno stile “vecchia zia scopre whatsapp”, non ricevere messaggi in skype con domande sulla traduzione, non dover fare traduzioni di deleghe di merda, non sentirsi sgridare, consigliare, insultare, non sentire la squillante risata infantile interrotta dalla tosse. Come sarà?

Non saranno troppe le perdite?

Devo ancora riempire un vuoto e nel mentre se ne crea un altro.

La vita, molto banalmente, va avanti e io rido ancora, sembra paradossale, ma rido. Ho questo nodo stretto in gola, una pallina di merda cristallizzata dalle parti del pomo d’Adamo, eppure rido.

Alice ha compiuto tre anni e ha ricevuto i regalini di una nonna che non c’è più. Forse sarà così anche per me, riceverò i suoi regalini per il resto della mia squallida esistenza. La conosco talmente bene che sono in grado di costruire esattamente le sue reazioni, risposte, tonalità di voce. È che non è così bello come sentirla. Ormai sono un’esperta nel parlare con gli assenti. Faccio dei lunghi dialoghi, litigo, rido e sto anche solo in silenzio, immaginandomi accanto a chi non c’è più. O chi c’è ancora tra i vivi, ma non più accanto a me. In fondo cosa cambia? È un pensiero decisamente macabro, ma sapere che una persona è in vita, ma ormai non è più parte della mia vita, provoca la stessa sensazione di assenza e nostalgia troia. Certo, è bello saperla viva, ma, egoisticamente, a me, quest’assenza fa esattamente lo stesso male.

Che brutta doppietta, perdere pezzi così in fretta.

Non sono pronta.

Non sarei mai stata pronta.

Non si riesce ad essere pronti ad una perdita, per quanto preannunciata.

Riprendere una matitina mangiucchiata e ricominciare a ridisegnare il mondo che, già faceva parecchio cagare, ora mi sta raggiungendo un livello di sciattezza veramente alto.

perdincibaccoporcodio.

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