martedì 8 marzo 2016

un altro anno di mimose

Certo che è vero che gli anni rendono insensibili. Quando ero più piccola ogni separazione, ogni addio, ogni cambiamento mi spezzava letteralmente il cuore. Sentivo la mancanza dei posti. Mi mancavano i gradini su cui aspettavo mio fratello dopo la scuola. Mi mancava la panchina dove mi fermavo a fumare prima di entrare a casa. Mi mancava l’odore della mensa del campo scuola estivo. Mi mancava l’odore della metropolitana di casa mia. Mi mancava il colore verde della palestra delle medie. Adesso non mi manca più un cazzo. Sento solo un leggero e sordo dolore in fondo al cuore quando mi arriva addosso un ricordo, come la folata di un profumo. Nelle condizioni di una volta sarei andata in depressione dalla nostalgia del vecchio lavoro. Perché l’ho amato davvero. Ero felice tutti i giorni quando ci andavo e ora invece anche ripensandoci non mi manca e non vorrei tornare indietro. Ero troppo giovane quando ho capito che la vita, o almeno la mia vita, sarebbe stata una lunga sequela di addii. Ho conosciuto un sacco di persone e ho amato un sacco di persone e alla fine le ho perse quasi tutte per un motivo o per l’altro. Ho amato i posti, avevo un attaccamento malato per i posti e per le situazioni, forse perché è stato tutto un continuo cambiamento e io avevo disperatamente bisogno di creare tradizioni, di sentirmi parte di qualcosa. E invece è stato un continuo spostamento, distacco, strappo.. … addio. E ora ho smesso di sentire. Ora non mi aspetto di far parte di niente. Ho imparato dalle libellule la magia del cambiamento. E adesso sento solo un po’ di amarezza, perché non ho un posto e non ho nessuno con cui crearlo.    

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