giovedì 12 novembre 2020

ciclo

 

Sono passati più di tre anni da quando abbiamo deciso di avere un figlio.

Ok, “abbiamo” è forse esagerato. Io ho deciso e lui ha acconsentito senza alcun entusiasmo e con una grande (quanto appagata) speranza di non avere successo in questa impresa.

Tre anni di calcoli, tre anni di speranza, tre anni di sogni di una bambina dagli occhi grandi della madre, appetito del padre e buffonaggine di entrambi. Ho sognato il suo odore, ho sognato il suo primo sorriso, ho sognato i suoi piedini, ho sognato la domenica mattina con lei nel letto: io, lui e lei. La nostra piccola famiglia piena di porchidii e luce. Ho sognato lui che rientrava a casa e noi che gli correvamo incontro per fargli vedere che bei disegni che avevamo fatto. Ho sognato anche, addirittura, la prima volta che le avrebbero spezzato il cuore e come saremmo stati bravi io e lui a farle sentire la forza del nostro amore e come l’avremmo tirata su a suon di risate. Ho sognato poi i suoi due fratellini gemelli e di nuovo noi tutti nel letto, con lui che muggisce e vuole dormire e noi che ci arrampichiamo sulle sue cicciosità per indispettirlo e lui che brontola, ma sotto-sotto sorride e gli si riempie il cuore per avere intorno tutti questi piccoli cagacazzi capeggiati dalla sua vecchia rana.

Ho fatto un sacco di sogni.

Mi sono addormentata per centinaia di notti con il sorriso e le lacrime.

Ma questa bambina non è mai arrivata.

E noi siamo riusciti ad andare affanculo. Non perché lei non sia arrivata, ma comunque il mio grande sogno è andato affanculo. Strisciando, lentamente, disintegrandosi di giorno in giorno.

Dopo tre anni, sento di nuovo arrivare il ciclo. Puntuale come la maledetta morte. Solo che, questa volta, non sono arrabbiata, frustrata, delusa, distrutta, spezzata, frantumata e polverizzata dalla consapevolezza che, anche questa volta non ce l’abbiamo fatta. Dopo tre anni, sento un’amara sensazione di liberazione dall’aspettativa che mi opprimeva. Per la prima volta, non potevo avere dubbi. Per la prima volta, dopo più di mille notti, ritorno ad avere una connessione con il mio ciclo. Ritorno ad accettare il mio corpo, anche se si è rivelato un terreno arido. Ritorno a me stessa.

È una strana sensazione, quella di non avere più un sogno che ti ammazza ogni mese, che ti lascia in una pozzanghera di lacrime incomprese, lacrime che nessuno ha mai voluto asciugare, lacrime che nessuno ha mai condiviso.

Sono tutte strane queste sensazioni in questo nuovo mondo, che sembra non appartenermi e non avere niente a che fare con me. Non ho più un mio mondo. Il mio mondo è finito. Dovrò ridisegnarlo da zero. Che palle!

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