martedì 21 giugno 2022

La Tradisiòn

Correva l'anno 2016, 31 dicembre.

Il giorno dopo partivo per la Georgia.

Avevamo bidonato tutti gli inviti per festeggiare il capodanno e ci aggiravamo per Verona con un'aria di completa estraneità al generalizzato spirito capodannesco. 

In piazza Bra c'era Jerry Calà e io ero infinitamente orgogliosa del fatto che non ce ne fregasse un cazzo di feste, che ci bastavamo, che non serviva niente per essere felici.

Siamo passati in questo baretto dove andavamo spesso, quando eravamo a Verona. Ci siamo fatti un paio di grandi spritz e avevo la netta sensazione di essere completamente isolata dai rumori, dalle risate, dal freddo. Bolla. Bello. 

Torno di nuovo in questo baretto, si chiama la Tradisiòn. Mi fa ridere. Io, che ho sempre sognato di creare delle tradizioni, io che ne ho sempre avuto un disperato bisogno, io che poi arrivo ad oggi che sembro una tillandsia senza radici, senza un punto fermo. Entro. Mi appoggio. Apro il libro. Guardo esattamente quel tavolino e penso che, questa volta, ci porto un altro ragazzo, il ragazzo che ho nella pancia, anche lui nella sua bolla, anche noi isolati dal resto del mondo. Solo noi e un libro e questa perenne sensazione di vivere dietro un vetro. 

Il bar è molto bello, lo consiglio sempre a chi è in centro e vorrebbe piazzarsi in un limbo tra il locale fighetta e la delocalizzazione cinese. 

La barista è molto bella. Le ho chiesto un succo al pomodoro con tabasco rinforzato per mimetizzare l'assenza di vodka e mi sono guadagnata una giornata di gastrite acuta e defecazione infuocata. Mio figlio danzava sulle braci. Faceva caldo e io continuavo a vivere con questa sottilissima nostalgia luminosa. 

Scrivimi, quando arrivi. 



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