giovedì 5 maggio 2022

Correva l'anno 2013, 31 dicembre.

Ricordo esattamente la mia postazione in quel grigio ufficio di San Martino Buon Albergo, situato di fronte al cimitero.

Avevo deciso di passare il capodanno da sola, immersa nella vasca da bagno, con champagne, hashish e lenticchie in scatola. 

L'ufficio non era esattamente predisposto per lavorare, quel giorno. Eravamo tutti innamorati del nostro lavoro, sapevamo, in cuor nostro, che da quel grigio e squallido ufficetto fronte cimitero, stavamo salvando delle vite e ne andavamo orgogliosi. L'ultimo giorno dell'anno però, nessuno aveva voglia di salvare il mondo, bisognava solo far passare quelle 8 ore per poi disperdersi nella nebbia padana.

Fu lì che, chiacchierando di chiacchiericci femminili, saltò fuori che ero innamorata di un ragazzo che non si capiva cosa volesse. E' ridicolo, ma questa cosa di non capire che minchia volesse me la sono portata avanti per anni e non più tardi di stamattina in macchina, me lo sono chiesto di nuovo, ma questa è un'altra storia. Feci dunque il mio coming out sul fatto che c'era questo ragazzo di cui ero innamorata da tempo, con cui passavo ore al telefono, con cui mi scambiavo pungenti messaggini irriverenti, con cui scambiavo opinioni e recensioni su qualsiasi aspetto della vita, che veniva a trovarmi a sorpresa, che dominava i miei sogni erotici, che sognavo di vedere vecchio e brontolante accanto a me, che non mi annoiava mai, che sapevo essere impossibile e irraggiungibile, ma che non volevo smettere di amare, perché amarlo mi faceva stare bene, la consapevolezza della sua esistenza al mondo mi bastava per essere felice (non sempre, ma quasi). Mi rendevo conto che questa cosa allo stil novo cozzava con la mia cinica personalità, ma oh...

A quel punto, dopo il mio timido sproloquio, Anna mi mandò questa poesia di Beckett che continua a spiazzarmi a distanza di anni e ogni volta, ogni volta, ogni volta, mi si spezza il cuore. Avevo anche tentato di mandarla al destinatario dei miei amorosi sospiri, ma, come sempre, nella sua totale incapacità e annientante imbarazzo di fronte allo scontro diretto con le emozioni, mi rispondeva con un emoji. Io ridevo. Ridevo della sua alessitimia, ridevo dell'enormità del mio amore, ridevo del nostro infantile rifiuto di ammettere quanto tenevamo alla nostra sgangherata storia. 

E' passato dall'essere l'oggetto dei miei desideri ad essere il mio ragazzo, ad essere il mio quasi marito e quasi padre dei miei figli ad essere un ricordo, eppure questa poesia continua a spiazzarmi e spezzarmi il cuore, ogni cazzo di volta. 



Nuovamente dicendo

se non m'insegni non imparerò
nuovamente dicendo ecco vi è un'ultima volta
persino per le ultime volte ultime volte per mendicare
ultime volte per amare
per sapere di non sapere fingere
un'ultima anche per le ultime volte
di dire se non m'ami
non sarò amato se non amo te
non amerò
la zangola di parole stantie nuovamente nel cuore
amore amore amore
tonfo del vecchio pistone a pestare
l'inalterabile
siero di parole
Nuovamente atterrito
di non amare
di amare e non te
di essere amato e non da te
di sapere di non sapere fingere
fingere
io e tutti quegli altri 
che ti ameranno
se ti amano
sempre che ti amino.

Samuel Beckett

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